Note di regia del film “Le Cose che Restano”

http://www.cinemaitaliano.info/news/06249/note-di-regia-del-film-le-cose-che-restano.html

Avevo apprezzato enormemente “La meglio gioventù“, vidi il film tutto di seguito all’anteprima dell’Auditorium di Roma.
Mi piace molto in generale il racconto “nel tempo”, come Heimat, epopee che durano molto e sviluppano generazioni che si alternano, eventi storici che si mescolano con accadimenti privati. Quando Angelo Barbagallo mi ha proposto il progetto de “Le cose che restano” mi è piaciuto subito. Una vicenda che si svolge nell’arco d’un paio d’anni appena, ma che aveva bisogno d’uno sviluppo narrativo di sei ore perché i personaggi, i percorsi che compiono, hanno necessità di tempo. I traumi che la vita impone ai personaggi necessitavano d’uno sviluppo più lento. Rispetto all’eredità de La meglio gioventù non mi sono mai sentito penalizzato, anzi è un’ombra che fa bene. Sono orgoglioso di dire che “Le cose che restano” nasce da una costola di quel grande successo.
Le cose che restano” racconta una vicenda del tutto diversa ma con la stessa straordinaria capacità di Rulli e Petraglia d’intrecciare le storie, di riuscire ad inventare snodi narrativi attraverso i quali la trama procede o cambia binario.
Un grande affresco sulla sostanza della società italiana, anzi direi della società occidentale, che affrontano temi come l’immigrazione, l’omosessualità, un’apertura nuova nei rapporti interpersonali.
Il mio lavoro è consistito nel dare vita alla sceneggiatura attraverso gli attori, gli ambienti, la messa in scena vera e propria. Le vicende che il film racconta sono molto minime, tristemente quotidiane, piccoli spostamenti del cuore, grandi
o piccoli tradimenti. Una quotidianità in linea con i miei film precedenti. Le cose minime sono raccontabili soltanto attraverso degli attori in grado di riportare quelle sfumature. È un film pieno di dolore, d’emozione tangibile.
Era importante non renderlo lacrimevole, grazie a degli attori che recitassero in modo molto naturale, molto vero. Avevo subito pensato a Daniela Giordano per
il ruolo della madre, perché avevo già lavorato con lei in Paolo Borsellino. Sapevo che ha le corde perfette senza bisogno di “recitare”, con quel suo volto da bambina maturata. Lo spaesamento del personaggio della madre è stato reso da Daniela in modo naturale, senza mai calcare sull’angoscia, soltanto con il suo sorriso dolce che nasconde la disperazione. Nel caso di Claudio Santamaria, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale, abbiamo cercato di raccontare l’amore di due persone l’una per l’altra sottraendoci a tutti i possibili luoghi comuni, alle posture del corpo o della voce, mirando all’anima di quel rapporto. Esattamente come
lo vive una coppia eterosessuale, con gli stessi desideri. Anche di Paola Cortellesi e di Ennio Fantastichini conoscevo già il potenziale enorme.
A me piacciono molto gli attori “caldi”, nel senso che abbiano un proprio vissuto, un loro mondo messo totalmente a disposizione del film. Penso che un padre come quello che interpreta Ennio non debba essere infallibile, non piangere mai,
ma che debba avere le sue debolezze. Però lui sa esserci nei momenti importanti, e quando ritorna è realmente un padre, non nel senso dell’autorità ma perché capisce i problemi dei figli e sa far sì che si aiutino da soli.
Più complicato è stato scegliere un attore per il ruolo di Nino, dell’età cioè d’uno studente universitario. Abbiamo fatto moltissimi provini. Lorenzo Balducci ne fece due, e alla seconda mandata interpretò tre scene perfettamente. È un attore che sa trasformare qualunque cosa gli fai fare in un modo vero e credibile. Nino è difficile, controverso, meno “positivo” rispetto agli altri personaggi. Critica le cose che fa, non è coerente, aggredisce il padre e poi si comporta nel suo stesso modo, a volte è saputello. C’era il rischio di rendere Nino antipatico, oppure di
spogliarlo di certe sue contraddizioni. Lorenzo è riuscito invece, malgrado i lati negativi del personaggio, a tenerci sempre dalla sua parte, a farsi capire. Per il ruolo del fratello minore cercavo invece un attore che fosse un po’ il suo opposto. Facendo una serie di provini abbiamo incontrato Alessandro Sperduti che è molto
allegro nella vita, ti trasmette subito un senso di amicizia. Sul set con gli attori in generale non abbiamo fatto grandi prove, quasi sempre abbiamo subito girato. Volevo che non perdessero la spontaneità, ma anche l’insicurezza che hanno la prima volta che interpretano una scena.
Spesso giravamo anche le prove. In una prima versione il testo s’intitolava “La casa”, ed era quella la protagonista del film. Ci abbiamo messo molto a trovarla, ad arredarla, trasformando degli uffici notarili dismessi in una dimora borghese. La casa è importantissima per quella famiglia numerosa, fracassona, e segue il percorso dei personaggi. Dopo un periodo iniziale di luci accese si va svuotando, rimane chiusa, al buio, e alla fine viene riconquistata gradualmente, stanza per stanza, riprendendo le sue funzioni vitali, la sua forza. Si riempie di altre vite, di altre situazioni. Analogamente la macchina di Lorenzo segue un percorso simile, evoca come un totem un personaggio che nessuno riesce a dimenticare. La macchina riprende poi vita, riporta Nino dalla madre esorcizzando un dolore. Dallo sfasciacarrozze la macchina diventa il simbolo di qualcosa che non puoi più portarti dietro per continuare a vivere.
Il film racconta gli immigrati come esseri umani a tutto tondo, capaci di pensare. Shaba infatti è il personaggio che capisce meglio quanto accade. Quando entra nella casa di notte con uno sguardo percepisce tutto ciò che era successo lì. Lei si conquista lo spazio da sola, con la sua bontà, la sua intelligenza, la sua capacità d’aiutare Nino senza mai chiedergli niente. Anche la madre di Nino si specchia completamente in Shaba.

Gianluca Maria Tavarelli

nella foto: Balducci, Fantastichini, Giordano, Santamaria

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Le cose che restano di Tavarelli il 4 novembre al Festival del Cinema di Roma

Le cose che restano

Regia di Gianluca Maria Tavarelli Spettacolo | Eventi Speciali

Titolo originale: Le cose che restano Paese: Italia Anno: 2010 Durata: 352′

Lingua originale: Italiano Titolo inglese: Longlasting Youth Proiezioni 04.11.2010 h 17:00, Salacinema Alitalia

Le cose che restano è la storia di una famiglia che si divide e di una casa che si svuota, a seguito di un evento doloroso. Ma è anche la storia di come, a poco a poco, la famiglia e la casa ritrovano vita e senso, lasciandosi abitare – e contaminare – da nuove esistenze. Nora (Paola Cortellesi), Andrea (Claudio Santamaria) Daniela Giordano al centro della foto, in un momento drammatico del film Nino (Lorenzo Balducci) , la madre Anita ( Daniela Giordano) e il padre Pietro (Ennio fantastichini) reagiscono con fatica e coraggio al disorientamento che li colpisce, cercando – fuori e oltre la famiglia – altri mondi, altri amori, altre spinte a vivere. Accanto ad essi si muovono i nuovi cittadini italiani, uomini e donne tra i venti e i quaranta anni, presi nel giro del lavoro che c’è e non c’è, della responsabilità e della moralità che si appannano, delle guerre che combattiamo senza dire che le combattiamo, dei popoli che vengono a noi dalla povertà e ci interrogano. Una lunga maratona in quattro capitoli, una storia che cerca di raccontare chi siamo, cosa siamo diventati, e cosa non vogliamo più essere. Così, questa famiglia che confusamente resiste e faticosamente si ricompone, si fa simbolo di un intero paese alla ricerca di una nuova identità. Presentato in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma in una versione appositamente realizzata per l’occasione. Cast Paola Cortellesi, Claudio Santamaria, Lorenzo Balducci, Daniela Giordano, Ennio Fantastichini, Antonia Liskova, Leila Bekhti Credits Regia: Gianluca Maria Tavarelli; Sceneggiatura: Sandro Petraglia, Stefano Rulli; Fotografia: Roberto Forza Montaggio: Alessandro Heffler; Scenografia: Sonia Peng; Costumi: Claudio Cordaro; Musica: Marco Betta; Produttore: Angelo Barbagallo; Produzione: BiBi Film (Italia), Rai Fiction (Italia), MFP (Francia), France 2 (Francia); Distribuzione internazionale: Rai Trade (Italia)

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Grande successo dell’Orpheus al Cairo

GRANDE SUCCESSO DELL’ORPHEUS

dal sito http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/eventi/viewevento.asp?idx=3568 pubblicato il 28 ottobre 2010

 

La locandina dello spettacolo Il Cairo.

Grande successo dello spettacolo Orpheus, presentato alla XXII edizione del Cairo International Festival for Experimental Theatre, dal 10 al 20 ottobre. Lo spettacolo, scritto e diretto da Daniela Giordano, sostenuto dall’ Ambasciata e dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo nel prestigioso contesto della X edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo, si è evidenziato per l’alta qualità della performance, richiamando, oltre ad un numerosissimo pubblico, l’attenzione dei media locali, in particolare giornali e riviste del settore e della televisione nazionale egiziana. In particolare la rete televisiva Ch 2 Egypt, canale satellitare, ha dedicato un grande spazio all’evento, trasmettendo parti dello spettacolo e invitando la compagnia ad esibirsi dal vivo.

La suggestione dello spettacolo è stata tale che molti giovani attori e attrici hanno chiesto di potere approfondire la conoscenza dei metodi del teatro italiano, sollecitando la possibilità di attuare dei workshops al Cairo. Sia il Ministero della Cultura egiziano che la Direzione del Festival hanno trovato la proposta particolarmente interessante e hanno manifestato grande interesse alla sua realizzazione.

Anche il Direttore dell’ Istituto Italiano di Cultura, Patrizia Raveggi, ha espresso ampia apertura alla realizzazione dell’ iniziativa, trovando che un progetto di formazione in loco risulterebbe particolarmente utile per avvicinare alla conoscenza della cultura e del teatro italiano, i giovani studenti di arte e arte drammatica. Allo scopo ha offerto la disponibilità a mettere a disposizione, per la realizzazione dei workshops, il teatro dell’ Istituto.

 

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Intervista a Daniela Giordano di Nourdine Betayb per tunisian press

stampa tunisina

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ORPHEUS-15 e 16 ottobre 2010 Al-Arayes Theatre, Il Cairo

Orpheus di Daniela Giordano – Il Cairo, 15 e 16 ottobre alle 19.00 al Al-Arayes Theatre, Ataba Sq. –
XXII edizione Cairo International Festival for Experimental Thatre,10-20 ottobre 2010
una produzione CRTscenamadre/Festad’AfricaFestival

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Un Orpheus contemporaneo in Egitto

Orpheus scritto, diretto e interpretato da Daniela Giordano

Teatro: un Orpheus contemporaneo in Egitto/ dalla Home page del Ministero degli Affari Esteri

08 Ottobre 2010

L’Orpheus scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel cartellone della XXII edizione del Festival Internazionale del Teatro Sperimentale al Cairo, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del mondo. Lo spettacolo è stato inserito dall’Istituto Italiano di Cultura del Cairo fra le manifestazioni previste per celebrare la Settimana della Lingua Italiana nel Mondo.Partendo dal mito classico,l’Orpheus contemporaneo di Daniela Giordano, utilizza differenti codici culturali dall’Europa all’Africa, dalla poesia al teatro, dalla musica alla danza,mettendo in evidenza non solo l’interdipendenza tra diverse culture, ma raccontando anche come le nostre società si stanno trasformando. Sulla scena, insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.L’Orpheus ha debuttato a Roma nel settembre 2009 nell’ambito dell’XIII edizione del Festa d’Africa Festival di cui è direttrice Daniela Giordano e continua, con successo, la tournèe nazionale e internazionale. E anche la IX edizione del festival, appena conclusa, ha ottenuto un successo straordinario sia per il pubblico che per la stampa nazionale e internazionale ed ha avuto prestigiosi patrocini, nazionali ed internazionali, tra cui anche quello del MAE.

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Orpheus vola al Festival Internazionale di Teatro del Cairo

 

 

 

 

Lo spettacolo Orpheus, scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La Compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel ricco cartellone dela Ventiduesima edizione del Festival, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del Mondo. Un grande riconoscimento che si aggiunge ai successi già raccolti in Italia e all’estero dallo spettacolo. Sulla scena insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.

 

Lo spettacolo Orpheus, scritto e diretto da Daniela Giordano, con le coreografie di Lamine Dabo, vola in Egitto dal 10 al 20 ottobre 2010. La Compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia nel ricco cartellone dela Ventiduesima edizione del Festival, che offre più di 60 spettacoli provenienti da tutte le nazioni del Mondo. Un grande riconoscimento che si aggiunge ai successi già raccolti in Italia e all’estero dallo spettacolo. Sulla scena insieme a Daniela Giordano e Lamine Dabo, Gjibril Gningue alla Kora e una preziosa new entry: il grande percussionista Sena MBaye.
Festad’AfricaFestival News
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La Cultura della Diversità di Maurizio Bonanni/L’Opinione

Al Teatro Palladium, nel cuore della Garbatella, quartiere popolare modello del periodo del Ventennio, sul tema: “Diversità culturale, un bene per tutti”, si è svolta dal 15 al 18 settembre, la nona edizione della “Festa d’Africa-Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea”. La manifestazione è stata promossa e organizzata dal “Centro Ricerche Teatrali scena Madre”, diretto da Daniela Giordano, attrice e regista. Alla realizzazione hanno assicurato il loro concreto sostegno l’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma e l’Università  “La Sapienza” – Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche. Ha aderito, altresì, la Presidenza della Repubblica con il suo Premio di Rappresentanza. Per il patrocinio, si citano: il Senato della Repubblica; la Camera dei Deputati; i Ministeri degli Affari Esteri, dei Beni Culturali, e delle Pari Opportunità; la Commissione italiana per l’Unesco; le Ambasciate di Tunisia e Senegal. Come si vede, quindi, la cultura della diversità rappresenta qualcosa di più di una semplice dichiarazione di intenti. Quasi una piccola.. Onu! Già, perché le idee, come si sa, camminano -solo ed esclusivamente- sulle gambe e “attraverso” le anime degli uomini (in questo caso, di una donna “illuminata”, come Daniela Giordano!).

In particolare, sull’onda dell’equazione “diversità x diversità”, il 17 settembre la compagnia “Divano Orientale Occidentale” ha presentato lo spettacolo teatrale “Ammaliata”, definita come (lett.) una “orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole”, scritto e diretto da Giuseppe L. Bonifati. Il modulo (per la verità, ben lontano dall’espressività e dalle escissioni chirurgiche -una vera lobotomia del conformismo benpensante e dell’ipocrisia sociale siciliana, a beneficio della cruda verità- operate dalla drammaturgia teatrale di Emma Dante) si è orientato sull’ambiguità di genere, con tre lugubri prefiche impersonate da attori maschi, con voci bianche mature ed isteriche. I (le) tre vestiti di nero, con i visi tinti di biacca, trattati come pareti murarie di Paesi meridionali bruciati dal sole, sono stati affiancati da due giovani donne ed un prestante attore di colore, con il ruolo di rubacuori. Le esistenze delle due ragazze vengono tiranneggiate e dirette dalla prefica in capo, orfana della figlia morta giovane, con una sequenza -decisamente ridondante- di impacciati minuetti, grida a sorpresa, operati con tonalità rigorosamente sopra le righe. Allo spettacolo è venuto a mancare un vero filo conduttore, nella vana attesa di un messaggio chiaro ed incisivo sulla diversità culturale, che non fosse quella dialettale fin troppo “caricata”. Insomma, un po’ fuori tema.

Viceversa, sabato 18 settembre “Keur Senegal” di Lamine Dabo,  ha visto andare in scena quindici fantastici artisti senegalesi, tra danzatori, musicisti, ballerini acrobati e cantanti del gruppo Farafinaritmi, con il grande il ritorno sulla scena romana del percussionista Sena MBaye. “Keur” in wolof, la lingua nazionale in Senegal, vuol dire “casa”, mentre il canto “Keur Senegal” rappresenta l’occasione, per uomini e donne, maestri della loro arte, di riunirsi la sera, al chiaro di luna, per festeggiare e chiacchierare tra di loro, al suono degli strumenti musicali tradizionali. La forza e l’energia di suonatori e ballerini, unita a canti e recitativi di grande intensità, ha portato i misteri e il fascino dell’Africa al centro del palcoscenico, il cui spazio si è rivelato del tutto insufficiente a contenere i ritmi, le acrobazie, i fuori programma, i salti di scala, le dilatazioni delle percussioni fino allo sfinimento fisico di quei magnifici interpreti di se stessi. Gli artisti senegalesi hanno messo al centro della rappresentazione l’anima del loro popolo, con ballerine a dimensione “reale”, né “palestrate”, né patinate, come quelle dei “variety show” televisivi nostrani, sempre troppo “bambole” per essere vere.

Ed i percussionisti hanno dato dimostrazione pratica dei movimenti rapidi, catturati dai quadri futuristi di Balla e Boccioni: le mani agivano tanto velocemente sul cuoio dei tamburi da trascinarne la stessa materia fisica in una scia sequenziale di livelli cromatici e di tonalità, fino a confondere i sensi, per cadere nell’estasi di una danza giocata -in ogni direzione, secondo linee ora curve, ora rettilinee-  con incredibile potenza di braccia e gambe, in un crescendo senza fine di gestualità, espressività e fisicità. L’Africa pacifica ha mostrato le sue.. “gambe”, così robuste da portare lontano da qualunque forma inutile di violenza e di guerra, categorie che, in fondo, appartengono solo alla cultura occidentale e alla sua “famelicità” (umana ed economica), incarnata dallo schiavismo e dalla deportazione di intere popolazioni africane nel continente americano. Quando riusciremo a rimarginare quelle ferite?  La Giordano ci dà una speranza, non appartenendo né a lei né a noi la.. “certezza” di farcela! 

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Dialogare per la pace, torna la «Festad Africa»

pubblicato su il Manifesto del 8 settembre 2010
di Laura Landolfi

La nona edizione dal 15 al 18 settembre al Teatro Palladium
«Meglio la sagra della porchetta che una festa di africani». Quando nove anni fa Daniela Giordano, direttore artistico di Festad’Africa contattò la Regione Lazio questa fu la risposta che le venne data. Molte cose sono cambiate da allora e oggi il festival continua a non avere l’appoggio della Regione né – per la prima volta – quello della Provincia ma quello incondizionato del Comune sì. Così un orgoglioso Umberto Croppi annuncia il suo finanziamento di 30.000 euro al festival che rientra nell’Estate romana «un esempio di capacità di mettere insieme spettacolo e culture diverse grazie a una serie di relazioni consolidate con i paesi coinvolti», una sorta di operazione di «diplomazia internazionale» insomma. Ma il vero riconoscimento sono il premio di rappresentanza del presidente della Repubblica e un messaggio inviato dal presidente della Camera. Testimonianza che in questi anni il festival, in scena al teatro Palladium (piazza Bartolomeo Romano 8) dal 15 al 18 settembre grazie anche all’Università La Sapienza, è andato avanti nel suo percorso per creare un dialogo per la pace. «Anche se – sostiene il direttore artistico – questo è stato l’anno più difficile perché la crisi internazionale spesso viene usata come alibi quando bisogna finanziare progetti simili». Ma il comitato organizzativo della rassegna va avanti nonostante tutto «perché l’Africa è l’emblema della diversità, infatti non c’è un posto o un cibo uguale se la si attraversa da nord a sud». La storia di Festad’Africa è quella dell’evoluzione del linguaggio: «Gli africani erano indicati solo come vù cumprà così parlavamo di tolleranza perché i tempi non erano ancora pronti mentre oggi abbiamo fatto un passo avanti e parliamo di accoglienza». Il festival si apre il 15 con una tavola rotonda dedicata alla cittadinanza che ospita i due firmatari del disegno di legge per il diritto di cittadinanza Fabio Granata e Andrea Sarubbi, seguirà la proiezione del film-documentario di Camilla Ruggiero Fratelli d’Italia dedicato all’integrazione degli adolescenti immigrati. Tra gli spettacoli il 16 la compagnia tunisina L’Art des Deux Rives con Zirriat bliss , ovvero le serve di Jenet in chiave israelo-palestinese, per l’Italia la compagnia Divano Orientale Occidentale presenta Ammaliata (il 17). Il 18 quindici artisti senegalesi in Keur Senegal diretto da Lamine Dabo chiuderanno la rassegna mentre ogni pomeriggio incontri coordinati dalla stessa Giordano e da Alessandro Jedlowsky aiuteranno a far «circuitare le idee».

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Festad’AfricaFestival2010

Con l’Adesione e il Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica

Festad’Africa Festival 2010

Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea

 Diversità culturale un bene di tutti
nona edizione

Direzione artistica Daniela Giordano
dal 15 al 18 settembre 2010 – Teatro Palladium, Roma

È un evento del CRT scenaMadre

 

Con il sostegno di:

Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione; Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche Università di Roma “La Sapienza”
Con il patrocinio di:
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali, Ministero per le Pari Opportunità, Ministero degli Affari Esteri, Commissione Italiana per l’UNESCO

Ambasciate di Tunisia e Senegal

 

In collaborazione con:

Il Labirinto-Progetto Educinema

Cliccaquì-Roma

Alcantara Teatro/ Mediterraneo

Afriwines

 

Con l’adesione e il Premio di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Festad’Africa Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea giunge nel 2010 alla nona edizione, promossa e organizzata dal Centro Ricerche Teatrali scenaMadre, diretto da Daniela Giordano, attrice e regista, realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, e dell’Università  “La Sapienza” – Dipartimento di Lingue per le Politiche Pubbliche.

La nona edizione di Festad’Africa festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea si realizza con i patrocini di Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero dei Beni Culturali, Ministero Affari Esteri, Ministero alle Pari Opportunità, Commissione italiana per l’Unesco,  Ambasciate di Tunisia e Senegal.

Questa edizione sceglie di continuare il suo percorso che considera la cultura il luogo ideale per la costruzione di un dialogo pacifico tra le genti e si intitola

 Diversità culturale, un bene di tutti

 Il Festival, unico nel suo genere in Europa, da anni promuove e sostiene le espressioni artistiche contemporanee del continente africano, con lo scopo di conoscerne e diffonderne i contenuti e i valori universali e di sensibilizzare, attraverso la cultura, l’integrazione e l’incontro tra culture e popoli.

Il festival ha creato, in questi anni, la consuetudine di affrontare tematiche scottanti della nostra contemporaneità ( i bambini soldato, le mutilazioni genitali femminili, la povertà e l’impoverimento, la condizione delle donne, le guerre etniche, l’immigrazione , diritto alla cittadinanza,…), attraverso lo sguardo degli artisti che, con il linguaggio dell’arte e con differenti mezzi, dal teatro, alla danza, al cinema, sono in grado di leggere la realtà, traducendo fatti e accadimenti, in una sintesi poetica e metaforica, capace di sensibilizzare e comunicare con un pubblico, anche non preparato, creando coscienza e offrendo informazione e riflessione.

La nuova composizione della società contemporanea nella quale viviamo, multietnica e multiculturale, ci obbliga a riflettere sul valore delle diversità come opportunità per approfondire il valore della nostra identità in relazione e nel dialogo con culture differenti.

La grande crisi economica globale porta con sé il grave rischio di comportamenti violenti e razzisti che bisogna contrastare, alimentando e sostenendo la promozione, la produzione e la circuitazione delle idee e dell’arte. L’impoverimento culturale è infatti alla base dei comportamenti xenofobi e di intolleranza religiosa dei quali siamo testimoni. E’ necessario non abbassare la guardia e impegnarsi in azioni vigorose che creino costantemente le occasioni per un confronto costruttivo e di dialogo interculturale. I risultati che Festad’Africa Festival ha conseguito dal 2002 a oggi, in otto edizioni, confermano che è possibile e strategico investire nella cultura contemporanea, e che questa azione culturale, sociale e politica, va estesa oltre i confini del nostro vivere quotidiano.

(Daniela Giordano)

Fino ad oggi sono state coinvolte e presenti al Festival trentacinque nazioni diverse, e questo ha contribuito a diffondere  nel mondo la cultura africana e a sensibilizzare il pubblico al suo valore.

Il Festival persegue la finalità di contribuire alla creazione di una cultura di pace e di pacifica convivenza, basata sulla conoscenza, il rispetto reciproco e sul valore delle differenze, promuovendo l’incontro e il dialogo tra culture differenti, attraverso la danza, il teatro, la musica, il cinema, la letteratura e gli incontri.

Artisti e società civile impegnati nell’opera di rinnovamento, si incontrano per diffondere il loro lavoro e la loro ricerca espressiva e culturale all’interno del più universale contesto umano, contribuendo a formare una nuova coscienza priva di pregiudizi e un nuovo atteggiamento disponibile al dialogo.

Obiettivo primario del festival è creare valore per le comunità locali inserendole in un contesto di confronto sopranazionale, affidando al teatro e alle arti così indirizzate, il compito di avvicinare le genti, nel rispetto e nella tolleranza.

Dalla cultura dei padri al destino dei figli quest’anno il Festad’Africa festival propone un approfondimento sulle diversità culturali e linguistiche aprendo anche lo sguardo alle diversità culturali di una stessa nazione.

La programmazione tutta romana si inaugura il 15 settembre al Teatro Palladium – Università Roma Tre,  con una tavola rotonda su Immigrazione-Cittadinanza che vuole focalizzare sul diritto di cittadinanza per le seconde generazioni di immigrati in Italia.

Giornata  realizzata in collaborazione con Il Labirinto-Progetto Educinema .

Ne discuteranno , con la platea, i politici e i giuristi, esperti del settore, invitati.  Sono stati invitati: On. Fabio Granata e On. Andrea Sarubbi, firmatari del disegno di legge per il diritto alla cittadinanza; Maruan Oussafi, responsabile nazionale di Anolf Giovani di 2 Generazione, e Osama Al Saghir, Associazione Giovani Musulmani in Italia . Conduce Marino Sinibaldi direttore di RAI RADIO3.

Presentazione dei film-documentario, Sei nel mondo diretto da Camilla Ruggiero ( Italia 2006) e Fratelli d’ Italia ( Italia 2009), diretto da Claudio Giovannesi , che affrontano il tema dell’ integrazione degli adolescenti immigrati in Italia.

 Il 16 settembre verrà poi presentato lo spettacolo la compagnia tunisina L’art de le deux rives, presenta in prima nazionale e europea , Zirriât bliss ( I semi di lucifero), ispirato all’opera teatrale “Les Bonnes” e agli articoli “I palestinesi” e “4 ore a Chatila” di Jean Genet, adattato dal drammaturgo tunisino contemporaneo Ibrahim Ben Amor, con la regia di Hafedh Kalifa. Le musiche sono di Evelina Meghnagi.

Se i personaggi femminili del testo di Genet, si trovano private della loro libertà, incapaci di decidere sul loro destino, queste donne parlano soprattutto della loro femminilità in un territorio lontano e oscuro. Si parla della femminilità ma la metafora teatrale affonda la riflessione sulla questione Israele-Palestina, in un ottica nuova e interessante: porre l’accento sul conflitto interno palestinese. Uno spettacolo che gode delle magistrali interpretazioni delle grandi attrici tunisine: Ben Yahia Jalila e Dalila Meftafi. Completano il cast : Nourhène Bouzaïane, Hajer Ben Saïd, Mansour Sghaïer.

 Nella proposta tematica “Diversità culturale, un bene di tutti”, il festival  propone  una compagnia italiana con testo italiano, che parla del nostro oggi multiculturale e multietnico, importante testimonianza delle molte Italie che convivono nella nostra nazione.

Il 17 settembre la compagnia Divano Orientale Occidentale presenta Ammaliata, orchestra popolare per coro di sei voci e tre seggiole , drammaturgia e regia

Giuseppe L. Bonifati con la collaborazione di Cecilia Di Giuli con Luigi Tabita, Fabio Pappacena, Maurizio Semeraro, Roberta De Stefano, Lisa Severo, Giuseppe L. Bonifati. La valorizzazione delle diversità culturali, ci spinge a cogliere la ricchezza e la varietà del nostro territorio, e a comprendere con maggior chiarezza l’appartenenza di ogni singolo segmento a un Tutto, che nella sua complessità, non può essere semplificato in nessuna parte. La ricerca drammaturgica di Bonifati, è partita come una larga spirale di lingue calabresi, con certe assonanze della Campania, della Puglia e della Basilicata, che arrivano dal mare, dalla montagna, a celebrare matrimoni di suoni, oscuri riti popolari.

Chiude il festival sabato 18 settembre Keur Senegal di Lamine Dabo che coinvolge in scena quindici artisti senegalesi tra danzatori, musicisti, ballerini acrobatici e cantanti del gruppo Farafinaritmi e che segna, anche, il ritorno sulla scena romana, del grande percussionista Sena MBaye. “Keur” in wolof, la lingua nazionale in Senegal, vuol dire “casa”. In Senegal il canto “Keur Senegal” è l’occasione per uomini e donne, maestri della loro arte di riunirsi, di festeggiare e di chiacchierare al suono degli strumenti musicali tradizionali la sera, al chiaro di luna.

Ogni pomeriggio alle 19.30 incontri con artisti immigrati coordinati da Daniela Giordano  e Alessandro Jedlowsky  .

  • 16 settembre: Diversità culturale: EDUCAZIONE”
  • 17 settembre Diversità culturale: ARTE
  • 18 settembre: Diversità culturale: POPOLI

Nel foyer ispirandosi al titolo del festival “Diversità culturale un bene di tutti” Alessandra Toro presenterà un’esposizione dal titolo ANWAR PER AGENDA 21, su tre etnie che si sono battute per l’autodeterminazione dei loro popoli, : i CHEWA del Malawi, i SAHRAWI del Sahara Occidentale e i SAN del Kalahari.

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